giovedì 29 marzo 2012

Stefano Serra: un uomo, un mito. Pubblichiamo integralmente il pezzo uscito ieri su NQ di Rimini a firma di Padre Cancellinho


Nel garage di casa sua campeggiano ovunque cimeli del suo “Marchino”. Le scarpe che indossava al Giro d’Italia del 1995 color gialloblu le custodisce come un tesoro, dentro un armadio e visibili agli amici solo in caso di richiesta speciale. Stefano Serra, meccanico “free-lance” di Santarcangelo, 46 anni sposato con Jessica, due figli (Nicolas e Jennifer) e un terzo in arrivo, Marco Pantani lo conosceva molto bene. E come sottolinea lui stesso era una amicizia vera, nata a fine anni 80, sulla Via Emilia. L’uno era capo meccanico del top team dilettantistico di Modena Giacobazzi, l’altro, giovanissimo e ai suoi esordi, correva nella Rinascita di Ravenna. “Era già un fenomeno e feci di tutto per convincere il nostro Direttore sportivo, il forlivese Giuseppe Roncucci, a fare diventare Pantani un uomo Giacobazzi”. Quello che è stato il suo trampolino di lancio verso il professionismo, la Carrera, le sue prime vittorie e i suoi grandi successi al Giro e al Tour.

Stefano rappresentava per Marco molto più di un buon meccanico, era un pignolo degli allenamenti e della manutenzione del suo mezzo e spesso lo incontrava anche fuori dagli impegni del team. “Con la Giacobazzi abbiamo fatto due anni fantastici – aggiunge Serra -  era un fenomeno e spesso scherzando in dialetto mi sussurrava alle orecchie mentre gli regolavo il cambio “Me dvent e curidour”. Poi anche nel suo periodo di professionismo alla Mercatone spesso mi veniva a trovare a Santarcangelo solo per controllare la sua posizione in bici che pretendeva fosse sempre precisa al millimetro, oppure mi passava a prendere per una pedalata ‘sciogligamba’ verso Sogliano e il Grillo, la sua salita preferita che faceva a tutto 53”. Oggi Serra, per anni meccanico a servizio di negozi di settore e molto noto nell’ambiente degli amatori della zona, si diletta ancora nella messa a punto delle bici degli amici, solo per hobby. Marco gli è rimasto nel cuore e non uscirà mai dai suoi ricordi. “Era una persona speciale, un ragazzo d’oro, oltre che un atleta incredibile, ma purtroppo la fortuna non è stata mai dalla sua parte. Nel suo periodo buio lo persi di vista, ma per me rimaneva sempre Marchino. Indimenticabile quella volta che con mia moglie lo andai a trovare a casa sua dopo il terribile incidente della Milano-Torino quando aveva una gamba spappolata bloccata da un tutore di ferro. Con il sorriso in bocca mi disse: “Me i stac tut, anche con sto robo”.


vedi NQ a pag 22...http://ww8.virtualnewspaper.it/rimini/books/120328rimini/

beleza

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